E ora come si fa?

Sono stati quattro mesi quasi normali, una strana nuova normalità che ci ha permesso di fare più o meno la vita di sempre. Sono partita per la stagione estiva molto tardi rispetto al solito, arrivando nella mia amata terra sarda quando era già estate, faceva già caldo e le giornate di lì a poco avrebbero cominciato ad accorciarsi. Un arrivo strano perchè non pensavo davvero saremmo partiti e una stagione ancora più strana perchè sono arrivate molte più persone di quanto mi sarei immaginata.

La prima cosa bella che ho notato in tutti era la voglia condivisa di aria, di libertà, di ritorno a spazi ampi dove poter respirare forte e tutti insieme l’aria di mare e godersi la natura molto più di quanto facevamo prima. La felicità nel vedere innumerevoli tramonti, nel fissare quel panorama che ormai conosco nei minimi dettagli ma che ancora una volta è stato in grado di stupirmi e riempirmi la testa e il cuore è stata davvero tanta, difficile descriverla in poche parole e forse anche in tante. Ogni stellata era migliore di quella della sera prima, ogni volta che arrivavi in spiaggia, la spiaggetta che ormai è il giardino di casa per tanti mesi, sono diventati una specie di regalo. Essere grati per qualcosa che fino a pochi mesi fa era la normalità fa pensare o almeno dovrebbe farlo. Ho pensato tanto e nella mia testa anche scritto tanto, ma non c’era il tempo e nemmeno la voglia di mettere tutto su carta, non era il momento per farlo ma per godersi tutto quello che si poteva, affamati di viste che fossero più grandi e diverse da quello che per mesi è stato l’unico panorama che si poteva osservare. 

Il ritorno alla vita cittadina è stato forse peggio del solito, è normale che ci sia un periodo di adattamento in cui ti ritrovi a vedere tanta gente tutta insieme, muri alti e palazzi. Tornare in casa è stato brutto, non perchè non ami la mia città ma perchè è subentrata in un instante la paura di trovarsi di nuovo in quella specie di arresti domiciliari. La voglia di scappare lontano da tutto e da tutti era forte. Questi ultimi quattro giorni sui monti, isolati e da soli in uno scenario che da anni non vedevo, forse sono stati un toccasana per provare a ritrovare un nuovo centro in cui stare. Non avere intorno spiagge a perdita d’occhio e acqua cristallina, ma montagne con la prima neve che cade e prati infiniti mi ha fatto davvero bene. Ho capito che forse non sono più fatta per la vita di città, non mi interessa avere negozi comodi o dover fare pochi passi per raggiungere tutto, ho bisogno di luoghi dove poter respirare e dove poter sognare e pensare perdendosi nella vista della natura. 

Ora però è tempo di stare a casa, non per tanto si spera e non in casa si spera, ma è così. E’ tempo di trovare un nuovo modo di starci, perchè intanto il mondo intorno è cambiato e non sempre in meglio. Tornare tra le mura del centro di Bologna e vedere un sacco di persone in giro con addosso le mascherine è brutto, non si può dire il contrario. O meglio fa piacere che quanto ci venga richiesto sia davvero messo in pratica, ma allo stesso tempo è come ritrovarsi un film, in una realtà che non pensavo e non pensavamo sarebbe diventata nostra ma che fosse solo qualcosa che capitava a culture molto lontane da noi. Non sappiamo se e quanto torneremo a una vita più simile alla prima, ma quello che è sicuro è che sia necessario ricominciare a respirare da qui, senza l’aiuto dell’immensa natura, senza la possibilità di evadere quanto e quando vogliamo. E quando proprio diventa difficile, ci sono tantissime foto da riguardare. Non è uguale a essere ancora al mare o dispersi nei monti ma aiuta a capire quanto sia importante tornarci e fare di tutto perchè accada e in tempi anche non troppo lunghi.