Non so come i libri di storia racconteranno tra cinquanta o cento anni questo periodo in cui stiamo vivendo. A dire il vero, non so se ci saranno i libri di storia tra cinquanta o cento anni.
So però che viviamo davvero in un momento molto buio e stiamo facendo il massimo per non contribuire a una potenziale via di uscita, non tutti ovviamente ma moltissimi di noi.
Attorno a noi il mondo è in guerra, qualcuno di esperto ha definito questo periodo come una terza guerra mondiale diffusa. Un aggettivo che fino ad ora avevo sentito affiancare solo agli alberghi e agli alloggi, mai avrei pensato potesse descrivere lo stato in cui il mondo intero si trova.
È vero che per questo ci possiamo fare molto poco, possiamo sicuramente scendere in piazza e manifestare, possiamo ricordarcene in sede di voto scegliendo anche in base alle posizioni che i politici dichiarano di avere in tema di politica estera. Ma le manifestazioni hanno un impatto relativo, pur rimanendo per me estremamente necessarie a livello di persone, e le dichiarazioni dei politici sono note per essere molto volubili, a prescindere dall’area di appartenenza.
È anche vero che possiamo agire nel quotidiano, possiamo fare la nostra parte perché il mondo che viviamo sia migliore di quello che tutti questi fatti ci spingono a credere, o almeno possiamo fare qualcosa per renderlo meno peggio che già sarebbe un risultato.
E invece mi capita sempre più spesso di stupirmi quando vedo umanità e gentilezza nelle persone con cui mi rapporto, soprattutto con quelle che non conosco. Umanità e gentilezza che dovrebbero essere parte di noi fin da bambini, che dovremmo poter dare per scontate, stanno diventando delle abilità da allenare, delle “soft skill” da mettere nel curriculum e non un semplice aspetto innato nelle persone?
Entrare nel bar sotto casa e sentirsi accogliere con “Buongiorno Cami, il solito caffè?” mi riempie di gioia e rende la mattina già piacevole. È un gesto semplice, ma allo stesso tempo una coccola diventata così rara da risultare diversa, strana, e sempre bellissima. Salutare le persone prima di chiedere, chiedere senza pretendere, essere gentili stanno diventando atti rivoluzionari.
Quando ci relazioniamo agli altri, soprattutto a persone che non conosciamo, non sappiamo come sia la loro vita, la loro giornata, ma sappiamo che capiterà come a noi di avere momenti storti, difficili, pesanti e momenti belli e leggeri. E allora perché non usare la gentilezza, non fare in modo che almeno il nostro contatto, la nostra relazione con queste persone sia cortese, sia empatica e magari strappi un sorriso in una giornata un po’ grigia?
Perché a essere violenti, sgarbati, fastidiosi ci si impiega esattamente lo stesso tempo, ma essere gentili può rendere il nostro mondo un posto migliore, un posto in cui credere in qualcosa di bello, essere ottimisti per scelta oltre che per natura.
Dalla Treccani
Gentilezza “La qualità propria di chi è gentile, nei varî sign. dell’aggettivo: g. d’aspetto, g. di modi; e in senso morale: g. d’animo, di costumi, di sentimenti. Più com., amabilità, garbo, cortesia nel trattare con altri: persona di squisita g.; la sua innata g.; è di una g. rara, incomparabile”